Immenso. È questo il primo aggettivo che viene in mente pensando a un calciatore del calibro di Javier Zanetti, argentino di Buenos Aires, origini friulane, recordman di presenze nella storia dell’Inter (858) e della sua nazionale Albiceleste (145). È lo straniero che ha giocato di più nel campionato di calcio della serie A italiana (615), sempre in maglia nerazzurra dal 1995 al 2014. E ancora, è sempre lui il giocatore “più vincente” della storia dell’Inter con un palmares davvero invidiabile: cinque scudetti, quattro Coppe Italia, quattro Supercoppe italiane, una Coppa UEFA, una Champions League e una Coppa del mondo per club FIFA. Oggi, a 41 anni, palla al centro e si ricomincia con una nuova avventura in qualità di Vice Presidente della nuova Inter del magnate indonesiano Thoir.
Abbandonati così per un momento maglia, pantaloncini e scarpini d’ordinanza, Zanetti può sfoderare quell’eleganza nel vestire, che al di sopra di ogni sospetto, lo affascina: “Mi piacciono dal tight grigio che indossavo per il mio matrimonio alle divise di rappresentanza dell’Inter firmate Brooks Brothers con giacca blu, pantaloni chinos beige e cravatta”. Che sia in tuta e felpa o in blazer, l’uomo Javier Zanetti si dimostra come una vera rarità nel calcio: umile, caparbio, serio – in una parola – professionale; non un tatuaggio, non una cresta, ma la riga sempre a posto “così come mi pettinava mamma Violeta”. Il pensiero corre allora alla sua infanzia di bambino della periferia di Buenos Aires, Dock Sud, dove il sogno è l’unica àncora di salvezza, lo spartiacque tra la strada e il futuro, quello roseo. Futuro che per Pupi, come veniva soprannominato da ragazzo, si è tinto di nerazzurro già all’età di 22 anni, quando nel 1995 mette piede ad Appiano Gentile, nell’Inter di Massimo Moratti. Non dimenticare il passato per guardare al domani, questo il motto di Javier che tiene ben scolpiti nella sua memoria i sacrifici affrontati da adolescente quando per guadagnarsi da vivere, aiutava come muratore il padre nel cantiere edile, oppure diventava per tutti nel suo giro di consegne il “ragazzo del latte”.
Una volta arrivato in serie A, Pupi poi rinominato El Tractor (il trattore) per la spinta delle sue possenti gambe, riscatta le umili origini dando sempre il massimo, per dimostrare che con dedizione e sacrificio si possono raggiungere i più ambiti risultati e traguardi. Mai un comportamento fuori posto, mai una parola di troppo. Sportivo e onesto in campo come fuori dal rettangolo di gioco, conquista la stima, il rispetto e l’amicizia di fans, avversari, allenatori e sportivi di ogni fede e grado. Perché è davvero facile restare affascinati dalla sua dedizione al lavoro che strappa più di un sorriso, come quando durante la cerimonia del suo matrimonio, trova il tempo per allenarsi rispettando così la tabella di marcia, tra lo stupore e l’incredulità – comprensibili – degli invitati! Immenso Javier Zanetti, dicevamo all’inizio, come il suo cuore, che ha sempre battuto fin da ragazzo per Paula de La Fuente, sua attuale moglie da cui ha avuto tre figli e con la quale ha creato la Fundaciòn P.U.P.I., organizzazione non-profit che sostiene economicamente i bambini disagiati e le loro famiglie nella zona di Buenos Aires, iniziativa per cui tra l’altro, è stato insignito dell’Ambrogino d’oro. “Ricorderò con orgoglio le vittorie ma soprattutto il clima tra noi, il gusto di ridere dopo un gol come scolari che l’hanno fatta grossa, senza che la maestra se ne sia accorta” parola di capitano, l’unico e solo come recita il più classico coro neroazzurro allo stadio, osannando un giocatore che nel calcio moderno si è distinto per la sua unicità di uomo, lo stile inconfondibile dentro e fuori dal campo.